In un mondo fortunatamente plurale, sempre più spesso si vive in contesti multilaterali. L’educazione, perciò, svolge un ruolo importante…
Forse l’istruzione avrebbe dovuto porre maggiore attenzione nel creare dei cittadini europei, e poi degli studenti. Il risultato avrebbe dovuto essere un’attenzione sui programmi scolastici, fra lo studio della contemporaneità e delle lingue comuni. Si, perchè non si può avere un dialogo fra diverse realtà, anche fra normali cittadini, se non si trova un piano linguistico con il quale interfacciarsi.
Ecco perchè, forse, non è stata posta la necessaria enfasi sullo studio delle lingue comunitarie, di quelle lingue ponte che usiamo per interfacciarsi con le altre nazionalità. La storia ci ha insegnato che non ci può essere un credo comune, più o meno comune, se non c’è una lingua comune più o meno condivisa.
A molti sembrava un’eccessiva preoccupazione per il qui e ora, ma le ultime generazioni non sono state educate a essere cittadini europei nel modo in cui avrebbero dovuto. Dovremmo parlare meglio le lingue comunitarie, ma in generale non lo facciamo quanto dovremmo. Non conosciamo le istituzioni europee a dovere, anche perchè ce ne hanno parlato sempre poco ( e spesso, purtroppo, neanche in famiglia se ne conosceva bene il funzionamento). In questo, un sistema educativo nel quale le conoscenze enciclopediche sono ancora un criterio costante di merito (non dico che non lo debbano essere, ma in maniera più bilanciata rispetto alle competenze), probabilmente non ha aiutato.
Sapere ottimamente il greco e il latino, per un giovane, può essere una buona cosa, ma non sapere una parola di inglese, nelle stesse condizioni, è come essere un viticoltore con una vigna prospera e fertile e non avere i mezzi per vendere il proprio vino, ovvero divulgare il proprio sapere o le proprie considerazioni di cittadino. Secondo me, dunque, la conoscenza enciclopedica non può non accompagnarsi a quella pratica, altrimenti si corre il rischio di trincerarsi in una torre d’avorio e di non avere gli strumenti per interpretare il presente. Si, il sapere è importante principalmente per sè stessi, ma arriverà il momento in cui le proprie opinioni andranno espresse, palesate, anche e democraticamente usando gli strumenti digitali. Questo, per me, vale comunque per tutte le materie e i campi di studio.
Quando le gente, dialogando, non si capisce, si allontana. E quando si allontanta il sapere non circola, come non circolano le idee e le libere opinioni. Ecco perchè soluzioni eccessivamente ideologiche, come disprezzare l’aziendalismo e l’empirismo di certe soluzioni, non è la risposta giusta. Formare cittadini tramite il sapere e le competenze dovrebbe andare di pari passo: le conoscenze, da sole, non bastano. Servono anche le competenze utili a formare una cittadinanza. La scuola serve anche a questo: insegnare a dialogare su più piani, dando competenze, è lo scopo principale nel formare la cittadinanza del futuro.
Insegnare a uno studente a parlare con un coetaneo di un’altra nazione in una lingua comunitaria, per me, è anche compito della scuola. Insegnare a uno studente a riconoscere una fake news, per me, è anche compito della scuola. Insegnare a uno studente a comprendere un articolo di giornale, per me, è anche compito della scuola. Insegnare a uno studente il funzionamento delle istituzioni, anche con l’Educazione civica italiana ed europea, è soprattutto compito della scuola. Insegnare a uno studente a capire la società e l’economia del luogo in cui vive, è anche compito della scuola, come è compito della scuola insegnare la storia.
Pensiero e azione, con la Democrazia. Sarebbe il più grosso favore verso i cittadini di domani, e di oggi.
Langravio
Francesco Valdambrini